Ecco le mani e l'argilla.
Non abbiamo un piano perfetto e neppure lo vorremmo.
Solo sappiamo che l'argilla è buona, e anche le mani;
abbiamo uno sciame di progetti che ronzano fra la realtà e il sogno.
Vogliamo creare qualcosa.

Mariana Y. Blanco

Il nome innanzi tutto.
Da una parte un omaggio esplicito a Slow Food e alla sua filosofia di attenzione e valorizzazione della cultura del cibo in tutti i suoi aspetti. Dall'altra la convinzione che, affinché piacere, gusto e curiosità possano sopravvivere, coesistere e affinarsi, sia necessario abbandonare la logica, dominante il mercato musicale, dell'"usa, consuma e getta".

Rallentare per capire.

Al contrario di quanto indicano i palinsesti annuali delle nostre TV, la musica, in Italia, non è solo Talent o Sanremo. E neanche la poco gratificante lotteria del manipolo di premi di settore che, seppure mossi da nobili presupposti, sono sempre più costretti a logiche di visibilità da quel che rimane del "music business". Si, nonostante ciò, l'Italia è ancora fucina di realtà musicali di alto livello qualitativo, totalmente soffocate dalla crisi del settore, aiutate da nessuno se non dalla propria passione, costrette a sgomitare sui social e a misurarsi con quotidiane battaglie che niente hanno a che vedere né con il mestiere di "creare" musica, nè con la maturazione di un "percorso". In un contesto che vede l'"industria musica" non considerata "colta" senza sovvenzioni di alcun genere - unica tra le arti in Italia, e che anzi ha visto stravolte completamente le sue logiche economiche dalla rivoluzione tecnologica (tutto è a disposizione di tutti, e... sembra gratis!), l'unica possibilità è quella di unire la propria ad altre voci. Voci di valore, qualità e verità.

Nel 2007, dopo aver toccato con mano tutta una serie di carenze, strutturali al punto di generare sottosviluppo culturale, ho capito che le nuove generazioni non avrebbero vissuto nel mondo in cui il mio sogno di fare musica si era realizzato. Così, una sera, ho riunito un gruppo di artisti, che stimavo e stimo, e ho condiviso il sogno di una casa per chi avesse a cuore la musica di percorso, la sua artigianalità- intesa proprio come arte, linguaggio "manuale" e dell'anima- e la cultura del suo ascolto, anche critico, della sua scoperta, del suo riemergere da un buio a cui tornerebbe, condannata, altrimenti.


Ho chiamato questa casa Slow Music.

Sono andato a Bra- "cosa ci fa un cantautore da Slow Food?", mi disse, sorridendo, il buon Petrini. Sono stato incoraggiato.

Forse i tempi non erano maturi per Slow Music.
Ma, a più di 10 anni da quella sera, la sua storia continua.
Anzi, è solo all'inizio.

Fabrizo Consoli